Katatonia - Dead End Kings (2012)

Svezia | Peaceville Records

Post di Michele Ricci.

Sicuramente è difficile parlare di "Dead End Kings".

Dopo l'ottimo "The Great Cold Distance" (del 2006) e del più che discreto "Night is the New Day" (2009), il terzetto svedese rimescola di nuovo le carte in tavola, concentrandosi sullo snellimento degli arrangiamenti, scevri della strutturata architettura musicale che ne aveva composto le fondamenta in passato, ma lasciando inalterata la vena struggente e malinconica dei brani, sempre in bilico tra chiaroscuri umorali e controllate ripartenze d'impatto.

Ed è proprio durante i momenti più energici che la differenza con il sound precedente della band viene a galla prepotentemente. Adesso tutto è finalizzato alla precisa caratterizzazione di ogni singolo tassello che compone "Dead End Kings", una scelta mirata e consapevole di compattezza e "semplificazione" che pone in primo piano il mood, l'atmosfera a scapito delle inaspettate e fantasiose aperture, quasi progressive, che tanta personalità avevano donato ai precedenti album.

Ma, se i Katatonia asciugano le proprie composizioni, quel che resta è un meraviglioso concentrato di melodie che vanno dritto al cuore, gocce di pioggia in una giornata di sole, frammenti d'intimità carichi del sentore della fine, del gelo di una vita che contempla la caduta, il fallimento esistenziale.

Jonas Renkse regala una prestazione da brivido, cantore distaccato ma estremamente ammaliante ed enigmatico, protagonista delle divagazioni al limite del pop di una delicatissima "Leech" e della sospesa "Ambitions", brano-manifesto del nuovo percorso artistico dei Katatonia.

"Dead End Kings" richiede molta meno fatica per essere apprezzato, ma svela se stesso solo con il tempo, arricchendosi d'umori e sfumature inaspettate, esprimendosi attraverso la semplicità delle emozioni, quelle più private e fragili, quelle che ci rendono spaventosamente umani.

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