Ninja Ryukenden (1988)

[videogioco #59]

1988, Tecmo - Famicom
Finito su Android TV (RetroArch)
<un save state ad ogni pixel...>

Bello come il sole ed altrettanto mortale.

Ninja Ryukenden (Ninja Gaiden in America e Shadow Warriors in Europa) mi ha impartito una lezione di vita, di quelle che ti porti nella tomba, durante le sei ore (il gioco ne dura effettivamente meno di una) di frustrazione distruttiva impiegate nel completamento: un bacio amorevole lo dimentichi in fretta, un morso alla trachea sarà per sempre con te, se sopravvivi. 

Anche in passato ho affrontato più volte questa prova di fede, fallendo ed imprecando come se il domani fosse di sola soffrerenza ed umiliazione, e ad ogni dannato tentativo maledicevo me stesso, creatura masochista e priva della necessaria coordinazione occhio-mano-spirito-santo-amen, eppur così boriosa da volerci riprovare, chissà per quale torbida ragione. 

Di questo satanico action platformer di Tecmo ho sempre amato alla follia l'impianto visivo e sonoro, il setting, la delirante narrativa tutta scene d'intermezzo (nel 1988, su Famicom, cioè!) fighissime ed esaltanti, il frenetico e inarrestabile ritmo di gioco, l'ottima reattività di uno sbarbato e discretamente armato Ryu Hayabusa, un level design che invoglia alla giocata spettacolare, azzardata, da stretta anale ininterrotta, caratteristiche di una produzione notevole.

Ma... 

Ma, prima d'ogni cosa, Ninja Ryukenden è scorretto, piagato da un respawn dei nemici rotto, spudoratamente infame nel creare situazioni di tangibile fastidio psicofisico, veicolato nel corpo direttamente dal pad, che dalla frustrazione assurgono ad una nuova forma di dominazione della macchina sull'uomo chiavica. 

L'unico modo di sconfiggerlo è assimilarlo completamente, sincronizzandosi nel profondo, annullando il proprio io in favore di un rapporto sadomaso (passivo di certo) spietato e privo di remore...

Oppure fare come me ed armarsi di pazienza illimitata, infiniti save state, respirazione zen/tantrica/chimicamente alterata e una stecca di sigarette d'accendere per intero, con tanto di plastica, carta e gustoso catrame.

Sì, ho barato, ma l'ho fatto per difendermi.

Capolavoro.

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