Totò che visse due volte (1998)
[film e corti #576]
- Trama
Un disabile che muore dalla voglia di scopare, un omosessuale di convenienza alla veglia funebre del proprio compagno, un boss che scioglie la gente nell'acido e il Messia che manda tutti a fanculo.
Basta solo l'apertura metacinematografica di "Totò che visse due volte" a mettere in chiaro le intenzioni bellicose del film, secondo assalto alla morale del geniale duo composto da Daniele Ciprì e Franco Maresco, un'opera che, all'uscita, ha dovuto affrontare sia la pesante ostracizzazione che l'inevitabile censura da parte di enti statali, congreghe di benpensanti, fascisti ripuliti, moralisti blateranti e associazioni fascio-cristiane dai nomi altisonanti.
Assolutamente consapevoli di aizzare una folla di facinorosi armati di forconi ecumenici, i due artisti siciliani eruttano malevole colate dense di blasfemia nichilista e iconoclasta, insudiciando di ironia tragicomica e farsesca una storia episodica, nera, surreale, grottesca e disturbante.
Scenari devastati dal degrado più assoluto e popolati da bifolchi animaleschi in balia degli istinti più biechi, una terra marcia e contaminata dove porci, ratti e uomini hanno sbranato il divino e sodomizzato la speranza, eiaculando infecondo seme rancido sui sogni di un'evoluzione nemmeno immaginata.
Opere rare, urticanti e sgradevoli come "Totò che visse due volte" sono necessarie perché coraggiose e anticonvenzionali, schiaffi in pieno volto che mettono alla berlina una popolazione, quella italica, sollecita nel decantare gli inviolabili valori del proprio retaggio storico, familiare, religioso e culturale, mentre i figli stuprano in diretta streaming, l'amico mafioso diversifica il business e tutti insieme, distrattamente, aumentiamo quotidianamente l'intensità dell'olezzo di putrefazione.
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